Foraged clay
Intervista a Luigi Pullini a Topolò
Per introdurre questa intervista, che ho deciso di fare a Luigi Pullini in residenza a Topolò dal 30 novembre al 9 dicembre, servono delle premesse.
Luigi si occupa di quello che ora è molto di moda chiamare “wild clay” ma che lui, in modo risoluto, rifiuta come definizione “perché tutte le terre sono wild, non si costruiscono artificialmente”. Preferisce piuttosto rifarsi al modo in cui l’argilla che abbiamo tra le mani ci sia arrivata. Una cosa è comprare un sacchetto di argilla in negozio, argilla senza impurità, plastica e pronta all’uso; un’altra cosa è andare a scavare in un campo, procurarsi l’argilla e da lì capirne le potenzialità di utilizzo.
Per questo al termine “wild” preferisce forse il termine “foraged” che ci ricorda la raccolta di piante e la cura che ci si mette nella selezione delle diverse specie e varietà.
Lo stesso vale per le argille.
Luigi fin dalle superiori nutre una passione per il non convenzionale: che si tratti di argilla o di stili di vita.
All’interno del mondo della ceramica è stato rapito fin da subito dal fascino per l’argilla raccolta con le proprie mani, per i diversi passaggi per ottenere un impasto plastico, per l’autoproduzione di smalti, per la cottura a legna, per il tempo e i rischi che richiede… ma tutto questo era affascinante perché “parte dal basso, dalle cose semplici così come sono in natura”.
Ha vissuto nelle comuni in campagna, in case condivise in città, è passato per gli Elfi...tutte soluzioni abbastanza radicali che cercano di re-immaginare la vita collettiva e individuale. Cercare di fare tanto con poco, cercare di fare con le proprie forze piuttosto che dipendere da altri.
Non lo conoscevamo personalmente prima che venisse a Topolò. Scoprendo un po’ il suo percorso mi è sembrato interessante approfondire la sua visione di vita, e capire come si fosse trovato a Topolò. Ho deciso quindi di intervistarlo per farmi raccontare la sua esperienza a Topolò a una settimana dalla fine della sua residenza e riflettere assieme su argilla raccolta, tempi lenti, territori che stanno cambiando e decisioni di vita.
Come descriveresti Topolò a qualcuno che non c'è mai stato?
Bella domanda… venendo a Topolò quello che sapevo era che Topolò era in passato un paese di 400 abitanti in cui oggi ne abitano 20. Quando sono arrivato ho visto questo. Se la dovessi descrivere partirei da questo aspetto. Un paese con molte case, di cui molte sono abitate solo in estate o per brevi periodi, e poche case vive di persone che ci abitano tutto l’anno. Queste persone le vedo come fossero divise in due gruppi che spesso diventano uno solo. Uno composto da persone che in generale vivono a Topolò a prescindere e il gruppo di giovani legati a Robida che cerca di vedere e vivere il posto in maniera diversa.
Per quanto riguarda le architetture e gli spazi cosa ti ha colpito di Topolò?
Vedo un paese integrato nella società. Non è un’ isola fuori dal mondo. Un luogo che è specchio di alcune dinamiche della società più generali e non ne è del tutto fuori. Quindi ci sono diverse varietà di tipi di case, c’è una storia popolare, le case son state costruite in diversi momenti, con diverse tecnologie e diverse visioni. Penso che il tema della casa sia molto importante per il paese, un focus costante. La casa come oggetto funzionale e fondamentale nelle sue caratteristiche e vite diverse.
Il fatto di essere arrivato qui e aver partecipato all’assemblea di paese ti ha fatto capire l’eterogeneità di persone che vivono qui. Nelle loro diversità.
Sì, questo credo renda Topolò un caso a parte, diverso. Non è estraniarsi e vivere a contatto con la natura. È un luogo in cui si legge, si può fare ricerca, si è a contatto con ciò che accade fuori nella società. Mentre sei lì non sei in una bolla. Quindi nella sua limitata varietà diventa rappresentativo, si fa specchio della società.
Quando dici che Topolò e i suoi abitanti rispecchiano la società è per te un punto critico e negativo o di curiosità e positività?
No, dal mio punto di vista non è un punto critico, anzi! È più che positivo il fatto che sia così perché materialmente la società esiste e noi viviamo in essa e da lì ci muoviamo. Quindi penso sia positivo rimanerne all’interno, poterla leggere, poter fare delle analisi...ma al tempo stesso essere in luogo remoto.
Questa possibilità deriva anche dall'attenzione degli abitanti verso l'esterno ed è proprio questo a offrire la possibilità di fare analisi in un determinato modo: in questo ibrido dove leggi la società ma contemporaneamente hai la possibilità di fare le cose diversamente. È più interessante ancora perché sei contemporaneo e non vivi in una bolla. Ma al tempo stesso sei libero di muoverti in una direzione.
Dal punto di vista del cambiamento reale, è molto più realistico. Rispetto a una bolla che spesso rimane fine a se stessa.
A Topolò sei immerso in tutto quello che è l’ambiente attorno a te, con le influenze esterne. Le tue decisioni le prendi influenzato dalla società, quindi venute dall’esterno, ma le bilanci con la tua condizione rurale lontana dalla società. Lavori sul campo: analizzi e provi subito a mettere in pratica e cambiare, invece che preparare a tavolino a casa qualcosa che non funzionerà.
Non essendo mai stato a Topolò prima, né conoscendoci di persona cosa ti aspettavi venendo qui? Come lo confronteresti con altre esperienze avute precedentemente. Cosa ti ha sorpreso e cosa forse deluso rispetto all’idea di “vado per 10 giorni in un paesino di montagna in Friuli”?
Ho poche risposte a questa domanda perché sono venuto veramente senza aspettative.
Da internet avevo capito poco, avevo visitato il sito web pochi giorni prima di venire su.
Ma lo volevo, cioè volevo non sapere e venire un po’ più libero da pregiudizi e capire le cose sul momento. Avevo intuito, da quel poco che avevo cercato online, che è tutto molto curato anche dal punto di vista estetico e funzionale. E la radio e la sua qualità e i discorsi fatti. Avevo capito che era un posto intellettuale. Non è così usuale, almeno per le mie precedenti esperienze di residenza artistica.
Prendendo ad esempio come viviamo qui, lontani dalla città, lontani dalle dinamiche veloci e paragonandolo al tempo lento della ceramica cosa ci dici del tuo tempo passato qui a Topolò?
Il tempo è relativo. Qui a Topolò mi è sembrato sufficiente per quello che ci eravamo proposti di fare. Riguardo alla lentezza della vita a Topolò mi sembra interessante l’aspetto relazionato alla progettualità che ne deriva: un insieme di tempo, energie e visione.
Come in ceramica, dipende dal tipo di progetto e obiettivi che si ha: avete modo di assecondare il tempo facendo meno fatica, ma non sempre è quello che serve. A volte magari si bilancia e il tempo diventa poco ma la fatica maggiore. Sono pesi che si spostano.
Come descriveresti il paesaggio attorno a Topolò su cui hai camminato?
Lo descrivo come un paesaggio che sta riprendendo forma. È un paesaggio che fa vedere una forte presenza dell’essere umano, in tempi passati, e una sua successiva assenza. La natura si sta pian piano riprendendo spazio, ridando forma al territorio.
È una cosa comune per te questo paesaggio?
Secondo me è una grande similitudine con quello che si sta muovendo in paese. Può essere una bella assonanza.
Ultima domanda: cosa pensi di esserti portato via e cosa pensi di aver dato stando qui a Topolò?
Che domanda difficile ahaha
Mi ha lasciato dei dubbi sulla mia visione legati alla progettualità… che ci voleva!
Ho scoperto un posto in cui delle persone stanno facendo progettualità più distese nel tempo (ma senza esagerare), rispetto agli ambienti in cui sono abituato a stare. Trovo il vostro modo di fare le cose molto interessante e sensato: ne ho colto percorsi e spunti interessanti per modalità future integrate. Il tempo con cui fai le cose e l’organizzazione di vita per arrivare a una condizione in cui il tempo ce l’hai. Come idea di progetto e di vita. Mi piace questo ibrido...ci sono tasselli messi al posto giusto. Un incastro sensato.
Prima la mia visione era sicuramente più pessimistica: per me non c’era più tempo per costruire qualcosa, perché l’esterno ti crolla addosso. Ancora lo penso un po’ ahaha
Quello che spero invece di aver dato è un po’ di sicurezza: in se stessi, nell’approcciarsi alle cose, a quello che la terra ci offre in quanto materia… Spero di aver contribuito a ribadire il fatto che le cose vecchie son vecchie e i processi inventati anni fa hanno un loro senso. Riguardo alla terra, i sassi e il materiale da costruzione si punta a usare il nuovo mentre abbiamo visto che i coppi si possono fare a casa, come una volta, e che la cosa è possibile!
Penso che questo ragionamento si integri molto bene con tutti i discorsi fatti su Topolò e il tornare ad abitarci e a come farlo: partendo dalle cose fatte come una volta ma con persone e visioni nuove.
La residenza di Luigi fa parte del progetto Sensing Soils, supportato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.